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Lo sdoganamento dell’usato

Un tempo i clienti andavano da mio nonno, sarto da uomo, per chiedergli di “rivoltargli” (credo si dica così) l’abito. L’operazione consisteva nel ribaltare le cuciture dell’abito in modo che la parte interna, per forza di cose meno usurata, diventasse quella esterna  [mamma, se leggi questo post correggimi in caso di errori].
In sostanza un tempo, vicino e lontanissimo insieme, gli oggetti vivevano fino alla morte naturale, con casi di notevole accanimento terapeutico.
Poi venne il boom e i babyboomers e il consumismo e la pubblicità e i prodotti “programmati” per scassarsi, e i vestiti per bucarsi, sfilacciarsi, autodistruggersi.
Per molti anni possedere una cosa appartenuta ad altri divenne sinonimo di estrema indigenza, quasi di vergogna. Al massimo i nostri indumenti non più in uso finivano nei cassonetti della Caritas e i mobili in parrocchia, nella casa al mare, in cantina oppure in discarica e via. Quelli della mia età al massimo usavano i vestiti usati dei fratelli maggiori, io manco quelli perché ero la maggiore.
Poi la rottura, la fine della “pacchia”, la crisi.
La crisi nera che toglie fiato, lavoro e speranze. L’impreparazione di una generazione che per 20-30 anni aveva creduto che studiando e impegnandosi come mamma e papà, le cose sarebbero andate sicuramente meglio che a mamma e papà, in una inarrestabile scalata sociale combinata con i titoli di studio in più e la serenità di potersi permettere gli studi. Ma non è andata così e bisogna riorganizzarsi.
Bisogna rivedere le proprie convinzioni e certezze, bisogna spesso riconsiderare il concetto di coraggio ed incoscienza, bisogna riorganizzare le proprie priorità e riadattarsi.
E qui entra in gioco l’usato.
Difficilmente quand’ero bambina si sarebbe andati in giro a dire che la camera dei propri figli era di seconda mano, difficilmente lo era se non in casi eccezionali. Ma l’usato oggi tra crisi, consumo etico e web, diventa quasi una buona pratica.

Ci sono tantissimi siti di annunci e sistemi di vendita per valorizzare i propri oggetti usati in fase di vendita e per risparmiare su prodotti di valore quando si vuole acquistare.
Insomma un po’ per necessità e un po’ per ridurre l’impronta sull’ambiente, ormai se cerco qualcosa un giretto nel mondo dell’usato lo faccio prima di cercare il nuovo.

Published inEconomia & fisco

4 Comments

    • Ma davvero? Beh, mi fa piacere. Si vede che la cameretta fatta così rende creativi!

  1. Anonymous Anonymous

    ciao, qui a roma ci sono diversi camiciai, quelli che ti fanno la camicia semi su misura (cioè hanno delle misure standard,e le adattano a te con ottimi risultati) che ti danno la possibilità di girare collo e polsini gratis … alla fine la camicia ti costa poco e dura tanto …

    • Insomma fanno quello che faceva un tempo mio nonno… 🙂

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