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Voi com’eravate a vent’anni?

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Io a ven’tanni più quindici

Voi com’eravate a vent’anni?

Io a vent’anni ero fortunata e inconsapevole.

A 23 anni, un bel pomeriggio, dormivo a casa dei miei. Stavo facendo la pennica dopo il viaggio in bus di notte che ogni tanto mi riportava da Milano, dove studiavo, a Gravina, a casa dei miei.

Mentre dormivo, dicevo, ad un certo punto è suonato il cellulare. Ho schiarito la voce e ho risposto. Era il mio prof. della tesi, l’avrei discussa esattamente un anno dopo, e mi disse “guardi Calculli la chiamo per avvisarla che verrà contattata per un colloquio. C’è quest’azienda molto seria che fa analisi di mercato nel settore ICT e sta cercando stagisti in gamba. E allora io mi sono permesso di dar loro il suo numero di telefono. Mi raccomando Calculli, accetti. Tra l’altro si tratta di uno stage pagato”. Figurarsi! Io stavo scrivendo una tesi sulle TLC, analizzavo dati e, nel 2002, stavano iniziando a spuntare gli stage aggratis, quelli che “così ti fai le ossa”, omettendo che avresti vissuto con l’osteoporosi forever.

Il mio ingresso nel mondo del lavoro andò così: a mia insaputa. Il prof. diede il mio nome all’azienda e quell’azienda si fidò del mio prof. e mi prese a bordo. Contratto di stage, 400 euro netti, mezza giornata di lavoro. Roba che oggi, 2015, una cosa così la chiameremmo lavoro, non stage.

Insomma io a vent’anni ero fortunata. Avevo trovato un lavoro a mia insaputa (il giorno dopo la discussione della tesi mi assunsero a tempo pieno) e avevo dei genitori che avevano deciso di sacrificare molto per me e di comprare casa a Milano. Quindi avevo un lavoro e una casa aggratis.

Ma avevo vent’anni e tante cose non le capivo e non le apprezzavo. E poi avevo la mente rattrappita dagli anni di studio, dall’ultimo anno di studio e lavoro e dalla mancanza di altri obiettivi che non fossero la brillante carriera che avrei sicuramente fatto. Chiaro, lineare.

E invece iniziarono le curve. Iniziai a pensare a cosa volevo davvero io dalla vita.

Si ricorda una mia ex collega che oltre a lavorare davvero tanto (diciamo 60 ore a settimana a 24 anni), facevo mille altre cose. Dal volontariato al circolo letterario, dalla politica alla scuola di ballo. E si ricorda che le dicevo “eh ma io devo allenarmi, perché un giorno avrò una famiglia, sarò mamma, e non potrò lavorare soltanto”.

Adesso di anni ne ho quasi 36 e riguardo con tenerezza la me di allora. Quella che credeva che il mondo del lavoro aspettasse soltanto lei, quella che immaginava una carriera a cavallo di una ventiquattrore tra la scaletta di un areo ed un’altra. Erano sogni e ambizioni, belli. Ma non facevano per me. Perché mentre ero lì che correvo correvo sempre più forte, ho capito che in realtà volevo soltanto essere felice, per la maggior parte del tempo.

Felice non stupida o superficiale o avventata, solo felice (anche se al mondo c’è tanta gente che pensa che stupido, superficiale, avventato e incosciente siano sinonimi di felice).

Ed eccomi qui, 36 anni, felice per la maggior parte del tempo. Nei guai fino al collo per le mie scelte, che in molti chiamano errori, ma parecchio felice, sicuramente più che a vent’anni. E consapevole, che a vent’anni mica ce l’avevo tutta la voglia di studiare che mi è venuta con gli anni.

E quindi ecco. Io non me la sento di dare addosso alla me di una ventina d’anni fa che coltivava una serie di ambizioni, spesso anche non sue, e sbuffava perché non succedeva nulla e per un po’ si è persa tra le scelte lavorative alla ricerca della strada per diventare ricca e affermata. Poi arriva la vita, tanta vita e i ventenni diventano grandi. Alcuni avranno successo in un campo, altri in un campo diverso. Il mio più grande successo, ad esempio, non è possibile misurarlo economicamente e dunque è difficile comunicarlo, e no, non sto parlando di essere diventata mamma, quella è un’altra storia…

 

Published inL'angolo delle riflessioni

Un commento

  1. Samuele Samuele

    Avere vent’anni per molti è raggiungere un traguardo, ma in realtà è l accorgersi di essere in pieno nell autostrada della vita è spesso con un mezzo sgangherato ci si trova a dover scegliere la giusta direzione… Per quale meta? Comunque sia il bello è che nel male o nel bene le scelte portano ad incontrare persone piacevoli e no, ma tutto serve nella vita per crescere e maturare! Favoloso tema Michela!

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