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Del 2023 e di come la mia famiglia sta affrontando la sclerosi multipla

Non scrivo qui da oltre 15 mesi, dunque da ben prima che terminasse il 2022. E direi che per definire questi 15 mesi mi bastano due parole: sclerosi multipla.

In che senso sclerosi multipla?

Era la metà di ottobre quando a mio figlio, che allora aveva compiuto da poco 12 anni, la sua neurologa ha annunciato che finalmente, dopo 3 mesi di attesa dalla sua prima grave crisi, aveva una diagnosi: sclerosi multipla.

Una malattia cronica (una compagna di vita, insomma) che tipicamente colpisce gli adulti tra i 20 e i 40 anni e 2 donne su 3 persone che ne sono affette, ha scelto di abitare il corpo di un ragazzo non ancora 12enne, il mio adorato primogenito.

Nei tre mesi del limbo in cui non sapevamo (ma io intuivo chiaramente perché per lavoro so fare benissimo le ricerche), da luglio ad ottobre 2022, e in quelli immediatamente successivi alla diagnosi, abbiamo vissuto tutti in una sorta di nebbia. E il 2022 si è chiuso così, nella nebbia, nella confusione, nel dolore e anche in un principio di rabbia, con quella domanda “perché proprio a lui?”, “perché proprio a me?”, che ci siamo fatti tutti prima in silenzio, da soli, poi ad alta voce, riconoscendo i nostri sentimenti.

Un 2023 di conoscenza

Quello che si chiude è stato un 2023 di fatica (l’immagine di questo post è l’unica che io senta rappresentativa del tutto), di conoscenza profonda della malattia, di nostro figlio ma anche di noi stessi, di terapia farmacologica e psicologica, di paure, di dubbi, di coraggio a tratti e di tentativi, più o meno riusciti, di superare i nostri limiti.

Abbiamo scoperto cos’è una disabilità invisibile e dinamica, ma soprattutto abbiamo scoperto di essere diventati qualcosa in più, tutti: il mio primogenito è anche un ragazzo con una disabilità, io e suo padre adesso siamo anche due caregiver (coloro che si prendono cura di persone con disabilità), il nostro secondogenito adesso è anche un sibling (termine usato per per definire fratelli e sorelle di persone con disabilità).

Abbiamo imparato, più o meno con successo, ad adeguare i nostri tempi a quelli della sclerosi multipla, che comporta una certa dedizione nella frequenza di controlli, visite, terapia psicologica a supporto (per nostro figlio ma anche per noi genitori), piani terapeutici e ritiro dei farmaci presso gli ospedali. Un’agenda che deve essere curata e condivisa per sostenerci a vicenda e non perdersi qualcosa di importante.

Stiamo ancora imparando a distinguere i sintomi della malattia da altro, come stati di ansia, “normale” stanchezza o questioni tipiche dell’adolescenza, con o senza disabilità.

E poi stiamo imparando a comunicare con gli insegnanti, perché la disabilità invisibile e dinamica può creare non pochi fraintendimenti e non tutti hanno modo, spazio e tempo per accogliere, comprendere e agire di conseguenza. E dunque occorre comunicare con chiarezza e spiegarsi meglio che si può.

Un 2023 di ricostruzione

Il 2022 ci ha senza dubbio atterrati: fisicamente, psicologicamente e di conseguenza anche economicamente. Due genitori con partita IVA che fanno lavori tutto sommato creativi, non sono proprio l’ideale per assorbire nel breve una notizia del genere e le immediate conseguenze, fatte di malesseri improvvisi, di viavai da scuola e ospedale, e di paure e rabbia.

Inutile dire che il nostro fatturato del 2022 ne ha risentito pesantemente, dunque il 2023 è servito anche a rimettere in sesto le nostre due attività.

E al termine di questo anno posso dirlo: ci siamo riusciti, entrambi. Con attività, progetti, nuove conoscenze e viaggi di lavoro davvero arricchenti.

Certamente una grossa mano è giunta dalla psicoterapia che ci è stata offerta dall’ospedale che segue il nostro ragazzo e che era finalizzata ad aiutarci ad aiutarlo. Ma alla fine ha aiutato moltissimo anche noi due sia come coppia che come singoli individui, e di riflesso ci ha sostenuti nel comprendere anche il dolore davvero silenzioso di nostro figlio più piccolo, che per mesi ha visto il suo fratellone tanto attivo trasformarsi in una persona a tratti molto fragile e la sua mamma e papà prostrati da fatica e dolore.

Un 2023 di burocrazia

Il 2023 è stato l’anno in cui abbiamo sperimentato l’elevato livello di violenza che la burocrazia italiana riserva alle persone con disabilità e ai loro cari, per ottenere benefici che sono diritti. Diritti a cui alle volte vorresti rinunciare per limitare il livello di stress e umiliazioni a cui potresti essere sottoposto.

E dunque abbiamo affrontato la trafila per ottenere il riconoscimento economico dell’invalidità, che per i minori si chiama indennità di frequenza, e poi ottenuto il famigerato verbale, per tutto il resto: tesserino per i mezzi pubblici, contrassegno per il parcheggio, esenzioni varie e probabilmente altre cose che ancora non so.

Perché la verità è che è una via crucis, che su quel verbale si usano ancora parole come handicap e tu devi riprenderlo in mano ogni volta, perché per qualunque cosa ci vogliono ore per capire quale documentazione serva, prendere appuntamenti, presentarsi ai suddetti appuntamenti e attendere, attendere, attendere. E poi ripetere quando ci sarà la revisione dell’invalidità in commissione medica. Commissione che tratta i ragazzini come fossero adulti.

In un mondo totalmente digitalizzato, una volta riconosciuta l’invalidità del cittadino, la via crucis con caccia al tesoro del diritto, non vi pare una scelta deliberata delle istituzioni nella speranza che qualcuno si arrenda e non li reclami quei diritti? Io ne sono piuttosto certa.

Un 2023 di coraggio

Ci vuole tanto coraggio per mandare tuo figlio ancora 12enne all’estero, per una vacanza in mezzo ad una foresta della Normandia. Un pizzico in più serve se tuo figlio ha una disabilità ed energie da dosare e gestire.

E ne deve avere anche lui, per superare i suoi limiti e vedere il bello di una opportunità, lasciando sullo sfondo tutte le paure.

Quando si è aperta la possibilità di mandarlo a fare un’esperienza nell’ambito dell’Erasmus+ io e Oppi abbiamo deciso che quel coraggio dovevamo imporcelo, non prima di aver consultato la sua neurologa e gli psicologi (perché mamma e papà non possono bastare). Ma lui all’inizio sembrava aver bisogno di una piccola spinta in più, e allora ho chiesto aiuto al “vllaggio”, cioè al suo giovane maestro di pianoforte, un ventenne italo-indiano che viaggia tantissimo. Gli ho chiesto di aiutarmi a fargli vedere tutto il bello di quella opportunità e ha funzionato!

Ha funzionato non soltanto per il viaggio in Normandia, ma per tutto l’anno. Mio figlio per l’intero anno ha scelto di cogliere qualsiasi opportunità, inclusa quella di incontrare Papa Francesco, insieme ad altre migliaia di bambini e ragazzi, pur essendo ateo convinto.

E adesso andiamo a vedere cosa ci porta il 2024!

Published inL'angolo delle riflessioni

10 Comments

  1. Francesca Francesca

    Ciao Michela, questo commento partiva con un “sai, anche io…” perché tendiamo a sovrascrivere le nostre difficoltà a quelle degli altri appena ne abbiamo la possibilità. Il 2023 è stato l’anno del “fai zoom out” e guarda meglio, da più lontano. Ecco, e se guardo da lontano questa storia, evito le lacrime che mi scatena e cerco di tenere a bada le emozioni, vedo una tribù che ce la sta facendo ogni giorno e che, unita attorno a un totem negativo (LA malattia) riesce a trarne vita. E ti dico grazie, perché storie come questa, in questo 2023 davvero strano, mi fanno riprendere dal cesto dei panni sporchi la voglia di avere ancora a che fare con le persone. Grazie.

    • michela michela

      Grazie di cuore per aver letto e commentato ❤️

  2. Irene Panelli Irene Panelli

    Grazie Michela per la preziosa condivisione della vostra esperienza.
    Pur non conoscendovi personalmente seguo con interesse ed affetto il vostro viaggio familiare.
    Irene

  3. Cara Michela, lo avevi detto e da allora ti seguo con il fiato sospeso, perchè un ragazzino di 12 anni con tutta una vita davanti, ecco, è un’ingiustizia enorme. Posso solo immaginarmi cosa abbiate passato, in fondo in modi diversi e con tempi diversi siamo passati anche noi per il tritacarne delle patologie invisibili. Insomma, sai che sono qui se ogni tanto hai voglia di urlare o sfogarti diversamente, se serve porto il vino.

  4. Massimo Cupelli Massimo Cupelli

    Cara Michela, le tue parole non mi hanno ispirato tristezza o compassione, ma soltanto un grande entusiasmo per la vita e voglia di andare avanti. Una bella testimonianza che può rappresentare un grande stimolo a vivere la vita in tutta la sua profondità. Avendo avuto la fortuna di conoscerti personalmente qualche mese fa, conosco la tua energia contagiosa; riesci a trasmetterla anche con la parola scritta. Grazie per quello che fai. Un abbraccio grande a te e alla tua bella famiglia.

    • michela michela

      Massimo, che dire. Grazie davvero di cuore oer le bellissime parole che mi hai dedicato!

  5. Guya Guya

    Cara Michela, ho letto e riletto.
    La mia elaborazione del perché a noi, perché a lei, rivolta a mia figlia è stata silenziosa, intima, riservata e molto dolorosa Per natura e carattere ho in me “devo farcela da sola” con una conseguente chiusura a riccio ed una immensa solitudine anche nella coppia, che come spesso accade gestisce questo dolore e queste notizie in modalità differenti… in tanti anni di sale d’aspetto di neuropsichiatrie infantili ho visto tante molte, troppe madri sole con il vuoto negli occhi. E’ stata in una di quelle volte che mi sono detta no, noi no… Ed ho elaborato che il problema ero io, super battagliera con le fragilità degli altri, ma da madre mi tormentavo con “perché a me”. Accettare di essere una caregiver mi ha aiutata a vedere le cose diversamente.
    Sento molto quello che scrivi, e sai che ti stimo tantissimo, a te ed Oppi perché fare quello che fate, assieme sempre uniti, è potente e non scontato. Vi voglio bene.

    • michela michela

      Grazie per aver condiviso qui quello che provi, ti abbraccio tanto.

  6. Sara Sara

    Un percorso, tante riflessioni da cui partire per ricostruire qualcosa di solido nonostante la convivenza con la malattia. Parola che fa paura a tutti e tutte, specialmente se visita un figlio, una figlia, una giovane vita. Ma esiste una cura. In primis quella della conoscenza, del supporto reciproco, della determinazione per far riconoscere diritti dovuti. E poi la fratellanza e la sorellanza che trasformano sentimenti devastanti in forza unica, anche quando le forze vengono a meno. Grazie per questa condivisione di un vissuto privato e personale. Sarà di aiuto a tanti.

  7. Angela Angela

    Ciao Michela ti seguo da un po’ e devo dire che vi ammiro molto per come avete reagito a quello che vi è capitato…Ho un figlio di 10 anni anche lui scout e la tua vicenda mi ha toccato e mi sono immedesimata in voi… grazie per condividere con noi la vostra esperienza…vi stimo molto.
    Angela

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