Torino. Domenica mattina. Mensa dei poveri.
Questo è quello che ha visto e riportato il mio amico Daniele.
Un’immagine che mi tocca vedere tutti i lunedì, quando dalla scuola materna di Ernesto passiamo ai giardinetti.
Vicino ai giardinetti c’è una sede dei vincenziani e il lunedì alle 17 circa distribuiscono qualcosa: immagino cibo o vestiario. Ogni lunedì i giardinetti sono invasi dagli ultimi che si mescolano ai nostri bambini in attesa di ricevere la busta.
Di lunedì in lunedì gli ultimi si trasformano e sembrano sempre meno barboni e sempre più impiegati in pausa pranzo. Di lunedì in lunedì io penso e ripenso che finire in quella fila è un attimo.
Cambiano argomento, ma forse no.
Con il primo figlio ho visto tutto rosa per mesi, anni. Se vuoi puoi, se ti impegni riesci e via così. E così è stato: ho fatto tutto quello che ho voluto, lavorando e studiando tutti i giorni, e sono arrivata fino alla seconda gravidanza così.
Con il secondo figlio e una serie non ancora terminata di problemi famigliari la nebbia rosa si è diradata, sta scomparendo proprio. E allora no, se vuoi puoi un cavolo! Perché la vita è un insieme di eventi e di persone e tu potresti rimanere indietro per mille motivi. E se rimani indietro quella fila si avvicina.
E allora sono preoccupata perché tutta la mitologia del merito e delle startup perde di senso se devi cercare di non finire in quella fila e la politica di quella fila si sta dimenticando in un’ubriacatura di ottimismo sbandierato ovunque.
La verità è che i ricchi sono sempre più ricchi e tutti gli altri stanno diventando poveri. E la povertà oggi ha infinite declinazioni perché mentre io conosco l’ansia da ultima settimana, qualcun’altro ha dovuto dare completamente in outsourcing i propri figli o ha deciso di non averne per la carriera o l’azienda.
Nel frattempo la ricchezza non la produce quasi più il lavoro, ma facciamo finta di non saperlo e ci raccontiamo delle gran balle sul merito che vincerà su tutto.
Mai come in questi mesi sono contenta di essere italiana e non, ad esempio, statunitense. No perché tra parto e degenza del piccolo, con tutte le mie capacità, i miei studi e la mia intelligenza, oggi sarei già in quella fila e probabilmente con un figlio in meno.
Cara Michela, tu sei una donna molto in gamba (giudizio derivato da quel che ho potuto conoscerti tramite il tuo blog ed i social). Quindi, negli USA avresti avuto un enorme successo e nella fila degli ultimi non ci saresti finita.
Detto ciò anch’io sono contento di essere italiano e di vivere in Italia. E spero proprio di non dover abbandonare questo bellissimo paese per poter vivere dignitosamente, come già in molti hanno fatto nel nostro settore.