Consulenza finanziaria e famiglia, due concetti legati a doppio filo per me in particolare e come ho piacevolmente scoperto anche per Widiba. Curiosi?
Consulenza finanziaria e famiglia
Sono Michela, 39 anni e un papà funzionario di banca in pensione. Ecco perché per me la parola banca significa subito famiglia. Se poi aggiungiamo che la storia di Widiba è iniziata nel giugno 2013, proprio nei giorni in cui nella mia pancia è iniziato a crescere il mio secondo figlio, non posso che confermare la sensazione.
Ecco perché quando mi hanno invitata ad assistere alla plenaria dei consulenti finanziari di Widiba, io mi sono emozionata un po’ e ancora non sapevo che mi sarei emozionata fino alle lacrime quel giorno.
Immagino che chi legge in questo momento stia pensando “ma come, stai parlando di consulenza finanziaria e ti commuovi?”. Ecco per citare Neri Marcoré che imita Alberto Angela “se avrete la pazienza di seguirmi”…
Uno di noi: un consulente finanziario speciale, uno di famiglia
L’evento a cui ho partecipato aveva un titolo suggestivo: Uno di noi. L’hanno scelto perché per la prima volta Nicola Viscanti, il nuovo Direttore rete consulenti finanziari, incontrava appunto la rete i “suoi”.
Ed è lì che per me emozioni e ricordi si sono accavallati, perché già prima dell’evento mi hanno raccontato che Viscanti era effettivamente uno di loro, hanno fatto una scelta che per me è quella vincente: hanno promosso una persona nota agli altri consulenti, che ha lavorato con e come loro, che conosce bene pregi e criticità della rete e dei singoli e che può “lavorare con” e non semplicemente “a capo di”.
Un’idea vincente perché come ho detto all’inizio, sono figlia di un bancario in pensione e negli anni ho vissuto più e più volte la frustrazione del mio papà, una delle persone più dedite al lavoro che io abbia mai conosciuto, nel vedersi arrivare a capo gente piovuta dall’alto e da chissà dove che nulla sapeva della struttura che stava andando a dirigere, quando andava bene, e nulla sapeva del ruolo che andava a ricoprire, quando andava malissimo.
Perché nel lavoro, e nel lavoro legato agli obiettivi ancora di più, questo conta più di tutto. Il capo deve sapere bene di cosa parla e con chi parla.
Nicola Viscanti, suo figlio e il rapporto con “suoi”
Ora, io ero lì, sul palco d’onore del Teatro della Pergola di Firenze, insieme ad altri blogger, ai giornalisti e al Consiglio di Amministrazione di Widiba, quando l’amministratore delegato, Andrea Cardamone, ha lasciato la parola ad un ragazzo.
Quel ragazzo ha presentato alla platea il suo papà. Emozionato e un po’ impacciato, con un accento barese che per me profuma sempre di casa, ha presentato ai consulenti finanziari il loro capo, suo padre.
Ora, capirete che per me figlia orgogliosa di suo papà che per una vita ha sognato di poter fare qualcosa di simile, il momento è stato di emozione fortissima e senza vergogna mi sono commossa fino alle lacrime (e mi è successo di nuovo quando ho chiamato papà per raccontargli il tutto e chiedergli se potevo parlare di lui in questo mio post).
Visibilmente emozionato anche lui che non sapeva ci sarebbe stato suo figlio, Nicola Viscanti ha iniziato a parlare ai “suoi” e solo a loro. Non ho ascoltato un discorso a favore di stampa o di blogger presenti, lui ha parlato alla sua rete illustrando passato, presente e futuro dell’attività e andando a toccare temi a loro noti, usando le parole giuste, vista le reazioni della platea.
E poi ho notato una piccola cosa, nel foyer, tra il viavai dal buffet durante la pausa pranzo. Viscanti era lì, fermo con suo figlio, disponibile a parlare con chiunque lo volesse, ad abbracciare colleghi vecchi e nuovi e a sorridere.
Ecco, i miei ricordi di figlia erano un po’ diversi. Ricordi di forma prima della sostanza, di sorrisi inesistenti così come di abbracci, e di un distacco gerarchico che mi fece pensare “io non lavorerò mai in banca”.
Per fortuna le cose cambiano…
Il tuo articolo ha fatto emozionare anche me. Dalle tuo parole sembra che Nicola Visconti più che un capo sarà un leader.
Promuovere dall’interno significa riconoscere i meriti e i talenti dai propri collaboratori.
Una persona esterna invece può avere uno sguardo nuovo sulle cose e magari rompere lo status quo più facilmente. Dall’esperienza di tuo papà sembra che sia mancato il guadagnarsi la fiducia dei collaboratori e il capire bene la realtà dove si arrivava.