Oggi mi scappa questo post…
Quello qui accanto è Ernesto, mio figlio, a pochi minuti dalla nascita.
Ernesto era Ernesto dal giorno in cui ho incontrato suo padre, più di cinque anni fa (ma oggi ha solo 21 mesi).
Ernesto era già un bambino, anche se non aveva un nome, nei miei sogni da bambina, quando giocavo a fare la mamma.
Lui già c’era.
Mi piace pensare che Ernesto mi abbia accompagnata per tutta la mia prima vita, quella prima di lui, aspettando con pazienza di abbracciarmi e finalmente di chiamarmi mamma.
Ecco per me questo significa vita! Vita = amore
Ma un bambino non desiderato con tutta questa forza, una mamma che non si sente madre, e mille altri casi che non posso neanche capire, perché bisogna trovarcisi davanti ad una grave diagnosi prenatale per capire, quella non è vita.
Quando facevo le prime ecografie, io e mio marito parlavamo di bambino, al massimo di feto, e mi ricordo la ginecologa che ci correggeva sempre dicendo che la parola corretta era embrione.
Embrione non bambino. Ernesto era già un bambino nel mio cuore, non nella mia pancia.
Oggi il mio pensiero va alle donne e agli uomini (perché ci sono anche loro, con le loro sofferenze e il senso di impotenza) che devono scegliere tra andare avanti o abortire, ma soprattutto a chi decide di abortire e trova tutte le porte chiuse, tranne quelle di una disgraziata che probabilmente ucciderà una donna invece di sopprimere un embrione.
Non ho mai dovuto fare questa scelta ma conosco più di qualcuno che l’ha fatta… si portano dietro un peso ENORME per tutta la vita e si sentono dare delle assassine solo perché non hanno voluto mettere al mondo bimbi senza padri, figli di violenze, vite di sofferenza fisica e sociale.
Invece di venir abbracciare vengono lapidate e ora si vuole pure togliergli il diritto di far questa pesante scelta nella sicurezza di una struttura adeguata???