Stamattina ho chiamato mia madre per aggiornarla un po’ sulla mia vita.
Lei mi ha ascoltata e poi mi ha detto “devo dirti una cosa e volevo dirtela a voce, non via messaggio”. Quando inizia così le notizie sono brutte. E infatti è brutta: il mio professore di italiano delle superiori non c’è più. Il cancro l’ha portato via.
Mia madre è un’insegnate ma non immaginava la mia reazione, non in questi termini. Sto ancora piangendo per lui mentre scrivo.
Mia madre è un’insegnante e non sapeva che dire sentendomi in lacrime. In lei due sentimenti contrastanti: la tristezza per la mia reazione alla notizia, una sorta di soddisfazione per interposta persona al pensiero di un’alunna di sedici anni fa che reagisce come all’annuncio della morte di un caro parente o un amico.
E adesso a noi prof.
Quando scrivo, e per campare scrivo, ti penso spessissimo. Ogni tanto ci siamo incontrati in questi sedici anni e ti aggiornavo sulla mia vita. A San Michele sarò in paese e avrei voluto dirti che scrivo per vivere e che sto lavorando al mio primo libro (e che entro un anno i libri saranno tre, se tutto va bene).
Due cose non mi dimenticherò mai di te.
Quell’ultima lezione prima degli esami, quando ci hai detto nel tuo solito modo colorito “ehi voi! Adesso andrete a lavorare o all’università. Mi raccomando non fatemi fare figure di merda che vengo a tirarvi un mozzico ‘ngapa!”.
E poi il ricordo più tenero, tu che con noi non eri tenero per niente. Ero una delle poche alunne a portare italiano agli esami di Stato (quando ancora agli esami di Stato si portavano solo due materie agli orali), tu invece eri membro esterno in una scuola nel paese vicino.
Immagina la mia sorpresa nel vederti arrivare trafelato per assistere alla mia prova orale. In quel momento ho smesso di temere la commissione e ho iniziato a temere te; quando mi facevano le domande io rispondevo come avrei risposto a te, che da noi pretendevi il 150%. A te che stavi istruendo dei ragionieri ma non ti rassegnavi al programma di italiano e storia striminzito a noi riservato. A te che ci facevi studiare sui testi del liceo spiegandoci le cose in maniera incantevole (eri uno storyteller quando gli storyteller non c’erano).
In realtà ne ricordo altri di episodi, alcuni esilaranti.
Una volta scrissi “Dande” anziché “Dante” in un tema (sostituire la “t” con la “d” è un errore frequente se sei delle mie parti, una sorta di retaggio dialettale). Ma mica me lo dicesti così, en passant. No. Quel giorno consegnasti il tema a tutti e alla fine rivolto a me “Calculli! Vieni alla cattedra, vieni” io non sapevo che pensare. E lui “Dande! Dande! ma che c’hai un parente marocchino?”. No, non eri politically correct. Ci hai sempre detto di essere di destra. Ma quando ci hai raccontato la Seconda Guerra Mondiale non lo sembravi affatto. Quante volte hai spiegato l’Olocausto? Evidentemente non eri vaccinato e anche quella volta con noi ti vennero gli occhi lucidi mentre raccontavi quell’abominio.
E vogliamo parlare del Carducci? No, non ne possiamo parlare perché “Carducci mi fa schifo, e visto che le ore sono poche e il programma è lungo, passiamo oltre”.
Io prof. adesso sono mamma e spero che i miei figli incontrino insegnanti come te sulla loro strada. Duri e severi ma che poi verrà loro da piangere il giorno che sapranno che non ci sono più.
La differenza tra insegnanti che passano e insegnanti che restano. E quelli che restano lo fanno a lungo, scaldandoti dentro quando ci ripensi.
Mi spiace, Michela 🙁
Hai fatto piangere anche me. Mi hai fatto ripensare al mio prof di filosofia. Grazie per queste parole, dovrebbero vederle al ministero dell’istruzione, visto che fanno di tutto per far si che non esistano più insegnanti così!
L’unica insegnante che rimpiangerei sarebbe quella delle elementari, tutti gli altri son passati nella mia vita lasciando ricordi, alcuni simpatici, altri tristi, ma non credo che arriverei a piangere.
Cara Michela,
queste belle parole dedicate al tuo professore d’italiano mi hanno commosso molto. Ti sia di consolazione il fatto che in questo momento egli veglia su di te da un posto migliore.
Un abbraccio,
Federico
Semplicemente GRAZIE per le profonde e sentite parole scritte per mio padre.
Sono sempre stata orgogliosa di avere un “papà professore” come lui e ne sto avendo, ancora oggi, la dimostrazione da chi in qualche maniera ha avuto modo di conoscerlo! Annamaria Matera
Insegnare è tangere una vita per sempre. Questa è la frase che una volta ho visto su un magnete dell’armadietto di una mia prof. Molto spesso dovrebbero ricordarlo gli insegnanti e che Lui ci sia riuscito è una grande soddisfazione sia come uomo che come insegnante.