Prima o poi sarebbe arrivato, avrei dovuto immaginarlo.
Quel senso di inadeguadezza a tutti i ruoli: moglie, madre, padrona di casa, lavoratrice…
Una sensazione che soffoca, un desiderio che le giornate durino il doppio perchè hai troppo da fare, ma soprattutto, perchè hai troppo da imparare: come mamma, moglie, regina del focolare e professionista.
E lui ti guarda e inizia a balbettare qualcosa, qualcosa che sembra “mamma” ma ancora non è, oppure lo scopri mentre fa le prove di “ciao ciao” con la manina e allora pensi: lui è il punto fermo e tutto il resto va come una trottola.
Un figlio è anche questo: una pausa obbligatoria, qualcuno che ti tira per i capelli (in senso figurato e fisico!) fuori dai pensieri e dalle preoccupazioni per condividere coccole e risate.
La conciliazione è un lavoro arduo e richiede anche molta organizzazione. Però può condurti al guizzo creativo come quello di sabato: quando ho deciso a dieci minuti dal fischio d’inizio, che mio figlio a 7 mesi e mezzo DOVEVA entrare allo stadio, e questo è il risultato:
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