Per la terza volta in due anni, ho partecipato ad un convegno dei Giovani Imprenditori italiani.
Nella loro associazione funziona così: ci sono due convegni nazionali, uno a Santa Margherita Ligure organizzato dal TriReg (gruppo interregionale del Nord Italia) e uno a Capri organizzato dal GI Sud (gruppo interregionale del Sud).
Ma la realtà dei fatti è che all’organizzazione dell’evento partecipano un po’ tutti, con giovani terroni e polentoni al lavoro insieme, con ad esempio pugliesi e piemontesi che collaborano benissimo (d’altronde io posso fare da testimonial tenendo famiglia appulo-sabauda).
Sono eventi di altissimo livello, con ospiti del calibro di ministri della Repubblica, segeretari dei principali sindacati, responsabili italiani di grandi multinazionali.
Io sto lì e osservo, twitto e faccio attenzione ai particolari. Per me Santa 2015 è stato l’anno della scoperta, Santa 2016 l’edizione in cui sono caduti i pregiudizi e Capri 2016 ha rappresentato il momento di approfondimento.
Un approfondimento che voglio regalare a queste pagine, precisando che dell’intero programma del Convegno le due parti che più ho apprezzato, e sentito vicine a me e ai miei interessi, sono state il Capri Startup, una competizione tra 12 startup interessantissime, e le testimonianze di alcuni giovani imprenditori durante la plenaria.
E allora perché non riportare qui alcune di quelle ed altre testimonianze? Eccovele.
Vi presento quattro giovani imprenditori del Sud, di seconda o addirittura terza generazione. Sono amici tra di loro e sono diventati miei amici (e non sto usando il termine “amico” nella sua accezione business).
Viola Margiotta
Viola è una Leccese doc, ha conseguito la maturità scientifica e se le chiedi a quale generazione appartiene rispetto all’azienda di famiglia risponde: “sono sempre indecisa tra seconda o terza perché in realtà nonno e papà hanno iniziato insieme”. Facciamo due e mezzo e via!
Il settore in cui opera è quello metalmeccanico e le ho fatto un paio di domande su presente e passato (domande che ho proposto anche agli altri intervistati).
Cosa hai portato di nuovo nell’azienda di famiglia e in che modo?
Un approccio ai modelli organizzativi realmente operativo. Abbiamo implementato i sistemi di gestione per qualità, ambiente e sicurezza e ci hanno modificato la mentalità di lavoro. Ci ho dovuto sbattere il muso e trovare il modo di farmi ascoltare: io donna e anche piccola in un settore popolato non solo da uomini (stragrande maggioranza) ma spesso da Neanderthal. Li ho convinti sulla lunga distanza dopo aver provato a essere solo gentile, ad urlare, a essere acida, mostrarmi iper competente, assecondandoli, trovando il giusto mix tra tutto.
Cosa pensi vada conservato di quanto fatto da chi ti ha preceduto o ti sta passando le consegne?
La pancia. L’intuizione. La dedizione. L’amore viscerale per quello che non è “solo” un lavoro. La capacità di fare squadra e mettersi alla pari ma conservando la leadership indiscussa.
Fiorella Gallo
Fiorella l’ho notata a Santa 2016, quando si è alzata in plenaria e ha rivolto al premier Renzi una domanda cazzutissima. Non credo lo sappia, ma anche fra i suoi colleghi industriali Fiorella è “quella che ha fatto la domanda cazzuta a Renzi”, e si parlava di Codice degli Appalti, roba seria anzi serissima, soprattutto se sei un imprenditore calabrese che lavora nel settore edile.
Fiorella è di Cosenza, è ingegnere civile strutturista ed è alla seconda generazione della sua impresa edile.
Cosa hai portato di nuovo nell’azienda di famiglia e in che modo?
La collaborazione tra una generazione e la sua successiva risulta molto difficoltosa per diversi aspetti, soprattutto qualora da ambo le parti non si applichi il giusto impegno nell’individuare il punto di forza dell’altro, sfruttandolo al meglio e, amalgamandolo alle proprie potenzialità, renderlo leva capace di sollevare o di risollevare da qualsivoglia ostacolo.
Parlo di collaborazione perché io e mio padre lavoriamo insieme, ciascuno con modi e ruoli differenti che a me piace definire, con estremo onore, “supplementari” e per nulla complementari.
È proprio nel termine “supplementari” che è contenuta la mia novità!
Il supplemento, infatti, per definizione un surplus, un di più, un’aggiunta a qualcosa che già di per sé sta bene, un lusso ed in quanto tale non tutti possono permetterselo; indica sovrabbondanza, ricchezza, quando non c’è non crea scompiglio perché non indispensabile ma, chiaramente, si rende desiderabile perché garantisce condizioni più favorevoli.
Cosa pensi vada conservato di quanto fatto da chi ti ha preceduto o ti sta passando le consegne?
Da chi mi ha preceduto sento di dover conservare tanto, fin troppo, nonostante la boccata di gioventù che voglio far respirare alla mia impresa.
L’esperienza in primis, dalla quale attingere costantemente con la dovuta umiltà di chi ancora ha costruito ben poco con le proprie forze ma ha avuto solo al fortuna di ereditare.
La costanza. altro focus da non perdere di vista perché l’entusiasmo dei principianti è noto a tutti, ma io credo che “l’imprenditore di valore e che tale possa definirsi sia un maratoneta, non un centometrista”.
La determinazione, l’energia, il coraggio e la forza di affrontare sacrifici e sfide a volte impensabili forse sono doti innate, ma in questo caso, parlando di genetica e di passaggio da una generazione ad un’altra, sono convinta che siano elementi basilari sui quali fondare la buona vita, non sopravvivenza, di un’impresa solida e solida nel tempo.
Annabella Cascione
Annabella vive e lavora a Bari, ha conseguito un Master in International Marketing & Strategic Communication e un Master in Entrepreneurship. Rappresenta la terza generazione di un’azienda che opera nella produzione di beni di largo consumo (in particolare pannolini per bimbi, donne e adulti).
Cosa hai portato di nuovo nell’azienda di famiglia e in che modo?
a) Nuovi processi produttivi mediante investimenti.
b) Nuovi processi organizzativi, applicando dei modelli migliori che avevo imparato nella mia esperienza precedente di 8 anni a Milano, tra Henkel e Danone.
c) Internazionalizzazione e quindi partecipazione a bandi per voucher sull’internazionalizzazione, partecipazione a fiere estere, partecipazioni a missioni all’estero per ricerca partner, realizzazione del sito web in inglese.
d) Digitalizzazione: presenza sui social, aggiornamento sito web, personalizzazione mail per i collaboratori.
Cosa pensi vada conservato di quanto fatto da chi ti ha preceduto o ti sta passando le consegne?
Valori, storia, solidità, serietà, passione.
Augusto Romano
Veniamo alla quota azzurra di questo gruppo di imprenditori, anzi alla quota denim, dal momento che Augusto produce jeans, ma non solo.
Augusto ha una laurea in Economia e vive e lavora a Matino (provincia di Lecce). Rappresenta la seconda generazione di un’industria che opera nel tessile, come detto.
Cosa hai portato di nuovo nell’azienda di famiglia e in che modo?
La mia è la classica storia dell’azienda familiare sviluppata nella profonda provincia italiana e abituata a lavorare per conto terzi, anche se su scala internazionale e non solo italiana. Arrivando in un momento in cui l’azienda si evolveva verso la gestione di un marchio proprio, ho cercato in qualche modo di trasformare la cultura del contoterzismo a commessa in un modo diverso di affrontare il business, basato su un approccio manageriale orientato alla gestione degli scenari tipici del confronto con il mercato al dettaglio, aumentando sempre più la spinta verso l’internazionalizzazione.
Cosa pensi vada conservato di quanto fatto da chi ti ha preceduto o ti sta passando le consegne?
Va conservata senza dubbio l’esperienza accumulata in tanti anni di industria, patrimonio inestimabile che costituisce un potente fattore competitivo soprattutto nei confronti della concorrenza emergente.
Rispetto a loro, noi siamo meno abituati a “fare” i prodotti, cosa che secondo me rappresenta un grande asset da valorizzare al massimo.
Conclusioni
Di sicuro ho trovato quattro imprenditori che amano quel che fanno e mi son detta, già mentre ero a Capri, che è una bella fortuna la loro e quella di chi li ha preceduti. Perché l’azienda di famiglia è come un parente, non puoi scegliere: o ti piace o sarà davvero dura conviverci.
Poi un nota personalissima.
Viola, Fiorella, Annabella e Augusto mi hanno trafitta con un pensiero, che ormai da settimane non mi abbandona: cavoli, la mia terra mi manca e più passano gli anni più sapere di non poter tornare lì (ormai la mia vita è altrove) mi causa dolore. I loro accenti, i loro modi, le loro storie mi hanno fatta sentire a casa e mi hanno lasciato un mix di malinconia e di speranza che mi scombussola tutta.
Quindi non posso che fare il tifo per loro e per tutti quelli che al Sud ci sono rimasti oppure sono tornati, come Annabella e Augusto.
E io? Beh qualcosa sulla Puglia bolle in pentola, almeno lavorativamente parlando, e comunque col mio Sud ci rivediamo a Capodanno 🙂
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