Salta al contenuto

Come funziona il sistema previdenziale italiano?

Sistema contributivo, retributivo o misto? Ecco come funziona il sistema previdenziale italiano e perché investire nella previdenza complementare può essere un’ottima idea.

Pensione pubblica: il sistema previdenziale italiano

La pensione per molti è una questione lontana, quasi remota a furia di sentirsi dire che “tanto i soldi non basteranno per le pensioni future!”.

Ma la prima persona che dovrebbe prendersi cura di un anziano è proprio quell’anziano stesso quando è giovane. Sono io che devo proteggere la me del futuro e garantirle una vita il più possibile serena, quando sarà il momento.

Ma come funziona il sistema previdenziale italiano? La pensione pubblica sarà sufficiente a farmi stare serena?

Per capirlo bisogna conoscere il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico pubblico, anzi, i sistemi di calcolo.

Sistema retributivo

Questo metodo di calcolo si basa sulle retribuzioni percepite a fine carriera, prima del ritiro dal lavoro.

Questo significa che chi percepisce la pensione calcolata con il sistema retributivo, ottiene un importo mensile non dissimile dall’ultimo stipendio. Stipendio che peraltro è probabilmente quello più elevato mai percepito, dal momento che con l’avanzare dell’età avanzano anche carriera e reddito.

Questo significa che, in teoria, il lavoratore va in pensione nel momento in cui percepisce il reddito più elevato della sua carriera, dunque l’assegno pensionistico è consistente.

C’è però una cattiva notizia, il sistema retributivo ormai riguarda ben pochi soggetti, come vedremo.

Sistema contributivo

Rispetto al retributivo, il sistema contributivo comporta una riduzione importante dell’assegno pensionistico, a parità di condizioni (cioè considerando due soggetti con gli stessi anni di lavoro e il medesimo reddito percepito fino alla pensione).

Il contributivo si basa infatti sui contributi versati e non sulla retribuzione. Dunque per determinare l’assegno pensionistico si prendono in considerazione i versamenti effettuati nel corso dell’intera vita lavorativa.

A ridurre ulteriormente l’importo contribuisce anche la notevole incertezza lavorativa degli ultimi decenni, che può comportare buchi contributivi per fasi di disoccupazione e di lavoro con contratti atipici.

Il sistema contributivo riguarda tutti i soggetti che hanno iniziato a lavorare, e dunque a versare i contributi, dopo il 31 dicembre 1995.

Sistema misto

Chi ha iniziato a lavorare prima del 31 dicembre 1995, al momento ottiene un assegno pensionistico determinato con il sistema misto retributivo e contributivo insieme. Nel dettaglio:

  • per chi al 31 dicembre 1995 aveva meno di 18 anni di contributi, si determina l’assegno pensionistico con il retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 1995 e il contributivo per gli anni successivi;
  • per chi al 31 dicembre 1995 aveva più di 18 anni di contributi, si determina l’assegno pensionistico con il retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 2011 e il contributivo per gli anni successivi.

Perché valutare la previdenza complementare?

Anche senza fare dei conteggi arrotondati all’euro, salta subito all’occhio che chi va in pensione con il sistema misto o contributivo, non potrà contare al momento della pensione sullo stesso tenore di vita avuto durante il periodo lavorativo.

Ed ecco perché dalla fatidica data del 31 dicembre 1995 la pensione integrativa è diventata un’ottima idea per mantenere il proprio tenore di vita al momento della pensione.

La pensione complementare è una scelta, appunto, dal momento che si è liberi di aderirvi o meno, mentre la previdenza pubblica è obbligatoria per qualsiasi lavoratore.

E ancora, mentre per la previdenza obbligatoria le pensioni di oggi le pagano in lavoratori di oggi con i propri contributi (criterio della ripartizione), la previdenza complementare si basa sulla capitalizzazione individuale.

Mi spiego: se aderisco alla previdenza complementare, il gestore privato che se ne occupa mi apre un conto su cui accumula i miei versamenti e i rendimenti che derivano dal capitale investito, al netto delle spese di gestione e delle imposte (è importante considerare che il trattamento fiscale è particolarmente favorevole rispetto ad altre tipologie di investimento).

Al momento della pensione otterrò una rendita mensile o, a determinate condizioni, l’intero capitale o parte di esso, a seconda delle scelte che ho fatto.

Chiudo ribadendo quanto detto in partenza, alla previdenza di un anziano del futuro deve pensarci prima di tutto quell’anziano stesso nel suo giovane presente.

Questo post è frutto della collaborazione con la Banca Widiba e si inserisce in un più ampio progetto divulgativo sull’educazione finanziaria per tutte le età e le fasi della vita.

Banca Widiba vede nell’educazione finanziaria e nel ruolo dei consulenti finanziari, due importantissime leve per avere dei clienti sempre più consapevoli e informati sulla gestione proficua del proprio denaro.

Il progetto riguarda una serie di post come quello che hai appena letto e contenuti informativi sul mio account Instagram @michelacalculli, dove in collaborazione con Banca Widiba produco schede informative, Storie e interviste live di approfondimento.

Qui gli altri post legati a questo progetto:

Published inFinanza

Sii il primo a commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.